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Biografia

Lorenzo Necci nasce a Fiuggi il 9 luglio 1939 da un padre ferroviere e una madre casalinga, ultimo di quattro figli. La sua è una famiglia semplice e molto unita, ospitale, accogliente e generosa.

Dopo le scuole a Fiuggi, frequenta il Liceo classico Conti Gentili di Alatri. Si trasferisce poi a Roma, dove si laurea con lode in Giurisprudenza all’Università la Sapienza di Roma nel 1961. Ha 21 anni, la tesi è in diritto amministrativo, il suo relatore è il professor Massimo Severo Giannini, di cui diviene assistente. Pubblica vari lavori sul tema delle Partecipazioni Statali e della nazionalizzazione dell’energia elettrica italiana.

Si specializza quindi in Pianificazione economica e Cooperazione internazionale allo SVIMEZ ( Centro per gli Studi Economici e Statali per lo Sviluppo del Sud Italia) di Claudio Napoleoni e alla SIOI (Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale). Diventa procuratore legale, quindi avvocato e per un periodo si divide fra la professione e l’università. Ottiene una seconda laurea in Scienze Politiche, apprende e parla correntemente quattro lingue straniere.

Nel 1965 viene assunto da una multinazionale belga, la SOFINA, del gruppo Socièté Gènérale, per seguire gli affari legali e finanziari di alcune loro attività in Europa. La società di riferimento è la CTIP italiana (Compagnia Tecnica Internazionale Progetti), importante società di ingegneria e impiantistica. Lavora con quel gruppo per 5 anni, prevalentemente all’estero, soprattutto in Francia, Belgio, Inghilterra e Stati Uniti. In quel periodo comincia a stabilire i suoi rapporti istituzionali e politici con l’establishment francese, a tessere rapporti internazionali con molti paesi stranieri, in particolar modo con gli Stati Uniti.
Comincia inoltre ad interessarsi alla politica italiana e si lega al PRI (Partito Repubblicano Italiano) e ad Ugo La Malfa, di cui diviene amico personale e grande estimatore. E’ Necci a coniare lo slogan “L’Altra Sinistra”, per definire la posizione del PRI rispetto ai due socialismi dell’epoca e al PCI.

Nel 1968 sposa Paola Marconi, da cui avrà due figli, Alessandra e Giulio.

Nel 1970 lascia SOFINA e entra in una società di nuova costituzione, a maggioranza francese, TPL (TechniPetrol), sempre di impiantistica e ingegneria. E’ capo del settore legale. Continua a viaggiare molto per tutto il mondo (anche in Medio Oriente, Oriente e Sud America), approfondisce i rapporti internazionali e politici, soprattutto con il mondo francese.

Nel 1975 viene nominato nella Giunta Esecutiva dell’ENI, dove resta fino al 1981.
Comincia ad occuparsi di chimica e diviene Presidente di ENOXY, una joint-venture fra l’Oxidental di Armand Hammer e l’ENI. Avendo realizzato che la sinergia con il gruppo di Hammer è impossibile, si dimette qualche tempo dopo.

Nel 1981 ottiene l’incarico di Presidente di Enichimica, poi ENICHEM, società a cui l’ENi ha affidato in gestione le azioni delle società chimiche del gruppo. Rilancia il grande progetto di una chimica italiana pubblica forte, e per tutti gli anni ’80 stabilisce legami con le altre società chimiche del mondo, forma joint-ventures, dà vita a diverse collaborazioni e decide strategie per il risanamento economico e finanziario di ENICHEM.

Alla fine del 1989 è ad un passo dal diventare Presidente dell’ENI: viene nominato, porta il CV a Palazzo Chigi, riceve la telefonata di congratulazioni dell’allora Presidente della Repubblica Cossiga ma poi, per un cambio di strategie dovute a giochi politici dell’ultimo momento, è un altro ad essere chiamato al suo posto.

Nel frattempo, dal 1988, è chiamato a presiedere ENIMONT, la joint-venture fra l’ENI e la Montedison di Gardini e dei Ferruzzi. ENIMONT viene fatta con l’idea di operare una razionalizzazione della chimica nazionale e al tempo stesso la sua privatizzazione. Si decide che la nuova società debba essere finanziata unicamente dal mercato, e in effetti la sua quotazione in borsa è un successo. La politica, però, comincia ad interessarsi sempre più di ENIMONT, i patti sottoscritti vengono disattesi dall’azionista privato, Montedison, che fa entrare nel CDA due suoi rappresentanti che hanno rastrellato le azioni sul mercato.
Preso atto dell’impossibilità di proseguire con il suo progetto di una grande chimica italiana, e anche delle opacità che cominciano a offuscare l’operazione ( e che emergeranno in modo drammatico tre anni dopo), Lorenzo Necci si dimette da ENIMONT nel febbraio 1990.

Il 15 luglio 1990 viene nominato Commissario straordinario delle Ferrovie dello Stato, di cui diviene Amministratore nel 1992. Con l’accordo di tutti i Governi che si susseguono dal 1990 alla fine del 1996, Lorenzo Necci comincia ad elaborare un progetto di modernizzazione del sistema infrastrutturale e ferroviario del Paese, e trasforma le FS in Spa.
Lancia inoltre il progetto dei Treni ad Alta Velocità (TAV), di cui è considerato il padre e di cui diviene Presidente nel 1996. La TAV è, nelle intenzioni di Lorenzo Necci, “l’anello mancante all’evoluzione del Paese” e si concretizza in una società privata, controllata giuridicamente da banche ed istituzioni italiane ed estere, fra cui Mediobanca, che hanno nominato in autonomia i propri vertici. Un finanziamento di diecimila miliardi di lire per TAV, in parte effettivamente versati, viene concesso da un consorzio di quaranta banche. Esso si somma quello concesso dalla BEI. TAV dispone, inoltre, di un capitale di debito in misura sufficiente a garantire il finanziamento del 60% dei costi di realizzazione dell’opera, mentre il rimanente 40% è a carico dello Stato italiano. Questo schema consente allo Stato italiano di non iscrivere nel proprio bilancio il debito TAV. I contratti esecutivi garantiscono tempi e costi certi di realizzazione. Gli obblighi assunti dai General Contractors e dagli appaltatori in base ai contratti sono garantiti da fideiussioni rilasciate in favore di FS dalle più importanti banche nazionali. Inoltre, il Governo – anzi i Governi che si succedono in quegli anni – l’azionista di riferimento, e cioè il Ministero dei Trasporti, il Ministero del Tesoro, il Consiglio di Stato, la Corte dei Conti sono costantemente informati dell’evoluzione del progetto, dando sempre la loro approvazione. Dopo l’uscita forzata di Necci da Fs, il progetto verrà stravolto, i costi centuplicati, i tempi divenuti lunghissimi e le fideiussioni bancarie lasciate cadere.

In quegli anni, Lorenzo Necci si occupa inoltre di creare un sistema infrastrutturale integrato, nel quale tutte le infrastrutture ( strade, autostrade, ferrovie, aeroporti, interporti, navi) “dialoghino fra di loro”. La logistica comincia a rivestire una sempre maggior importanza nel suo disegno.
Viene nominato nel 1991 Cavaliere del Lavoro e diviene per due mandati Presidente dell’UIC (Union International Chemins de Fer, le Ferrovie Internazionali). Ne sarà poi Presidente Onorario. Viene insignito di molto premi.
Coinvolto in una vicenda giudiziaria nel settembre 1996, è arrestato e costretto alle dimissioni da FS. Anche da Fs esce senza percepire alcuna liquidazione. Già nel marzo 1997, la Cassazione stabilirà l’assenza di “gravi indizi di colpevolezza” e dunque illegittimo l’arresto. A quel punto, però, Necci entra in un violento ciclone giudiziario, cui viene data fortissima rilevanza mediatica. Si aprono vari procedimenti contro di lui, che si concludono con ben 42 assoluzioni. Rimane aperto un solo processo a Milano, con una condanna che viene diminuita nei vari gradi del procedimento, per tornare poi in primo grado.

Negli anni ’90 e 2000, scrive numerosi libri, fra cui “Rivalutare l’Italia” (Sperling e Kupfer), “Reinventare l’Italia” (Mondadori), “L’Italia svenduta” (Bietti), “Il terzo millennio” ( Marsilio), “Il Jurassic park del capitalismo” (Marsilio) e la raccolta di poesie “E chiusero le porte”. Scrive inoltre numerosissimi articoli sulle infrastrutture, sul sistema Paese, sulle città e sulla politica internazionale e l’euromediterraneo (altro tema a cui è molto appassionato). Torna poi al settore privato, nella Logistica e nel Trasporto. Diviene Presidente di SGF poi di altre società. Riceve un incarico dal governo di Tunisi di occuparsi della manifestazione Euromed.

Muore tragicamente il 28 maggio 2006, investito da un’automobile.
Dopo la sua scomparsa, viene pubblicata la sua autobiografia, “Memento, la mia storia” (Ediz. Magi e DIRE), nonché creata la fondazione che porta il suo nome.